Non mi troverete mai

* Blog in fase di aggiornamento... scusate il disordine (e la presenza di alcuni post...ancora vuoti!)

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Sono sempre stato un curioso, un bastiancontrario e un rompicoglioni. Quando verso gli otto anni gli altri bambini iniziavano a dubitare dell'esistenza di Babbo Natale, io ero talmente più avanti da essere scettico sul fatto che potessero esistere "i genitori". Fossi nato nel '500 probabilmente sarei stato un esploratore, o un navigatore, o anche solo un mozzo o un vagabondo. Fossi nato in un futuro tipo Star Wars sarei stato una specie di Han Solo o, alle brutte, un Wookie poco peloso. Sfortunatamente sono cresciuto in un'Italia dilaniata da Vespa, dalla De Filippi, da Pippo Inzaghi. Ma sto cercando di uscirne. Ogniqualvolta l'avventura tornerà a fare visita alla mia vita, questo blog avrà qualcosa da dire. Forse.

domenica 10 dicembre 2006

Il piacere è stato mio

Buenos Aires, pomeriggio del 10 dicembre.
Ultime ore.
Ci siamo. Meno zero.
A dire la verità non so nemmeno io bene che scrivere. In questi momenti uno non sa mai cosa scrivere.
Tra il tutto e il niente, per una buona conclusione forse è meglio optare per la seconda opzione, altrimenti va a finire che mi perdo.

Smaltita parzialmente la sbornia adrenalinica post-cetaceica (cosa sto dicendo?), lascio Puerto Madryn e saluto il buon Andreas, davvero un ragazzo come si deve. Pullman. Aridaje.
16-17 ore pause incluse e sono di nuovo a Baires. Appartamento deserto. Tutti via, vai a sapere dove..mah.
Lascio un messaggio di saluto sul tavolo e inizio con la valigia.
Controllo che all'aeroporto sia tutto ok col mio volo, dopodiché faccio qualche compera dell'ultimo minuto.
Sensazioni strane, ma non potrebbe essere altrimenti. Chiamo i ragazzi della capitale con cui ero già uscito altre volte, e dopo l'ultima bistecca stagionale ci troviamo di nuovo per l'ultima volta a casa di Albano, a Boedo.
'Sti ragazzi mi hanno preso in simpatia, e gli dispiace che me ne vada. La cosa vale anche per me. Con loro in effetti mi diverto sempre.
Ma al di là di questo, lasciare un paese dopo quasi tre mesi non è come tornare dalle vacanze.
Le due cose non stanno sullo stesso livello, anzi non gareggiano nemmeno nello stesso campionato, anzi forse non fanno nemmeno parte dello stesso sport!
Ero già stato lontano da casa per un periodo del genere, perciò già sapevo di questa sensazione.
Quando poi tornato a casa ripensi a queste esperienze, ti sembra che sulla linea del tempo della tua vita a un certo punto ci sia un'interruzione, con attaccato un post-it giallo in cui è raccontata una storia che sì sei tu ad aver vissuto, ma è come se non appartenesse alla tua vita normale. È come un pezzetto di un'altra vita che tu hai vissuto "coprendo" quella che sarebbe stata la tua vita "italiana" in QUEI 3 mesi... (che pertanto non conoscerai mai perchè non è mai esistita in quel lasso di tempo!)
Poi, finito il racconto sul post-it, la vita normale riprende come niente fosse, e tu torni ad essere il solito.
Più o meno, certo. Perchè qualcosa di quella vita continuerà a fare parte del tuo modo di agire e pensare, se Dio vuole. Tornando in Italia sento di conoscere un sacco di cose di me stesso che prima di partire ignoravo oppure di cui non ero troppo sicuro. Stare qua mi ha dato risposte su quello che riesco a fare meglio o peggio, oppure riguardo a qualche mio limite che credo fosse bene conoscere, e al tempo stesso in merito a qualche risorsa che ignoravo di possedere, e su cui ora sono felice di poter contare.
Questo è il motivo per cui vale la pena fare questo tipo di cose. Quello che ti resta dopo, sperando che gli scherzi della memoria te ne lascino abbastanza da ricordare. Sì perchè proprio come si racconta nei libri di storia, gli uomini tendono a dimenticare molte cose (belle e brutte) che invece mai dovrebbero scordare.
E allora in questo momento mi sento particolarmente bisognoso di... memoria, dote che non mi è mai difettata, peraltro.
Primo, perchè ho una tesi da scrivere, al mio ritorno. Spero di riprendere al meglio tutte le idee valide che ho avuto studiando quaggiù, e che nessuna di esse vada perduta.
Secondo, perchè non voglio che la tesi sia l'unica cosa che l'Argentina mi lasci in eredità.
Mi piace al contrario pensare che con questo paese, forse, non ho per nulla "chiuso"... ma anzi, magari "ho appena cominciato". Perchè in fondo in fondo per conoscerlo veramente ci sono ancora esperienze che vorrei fare, e per di più ho pure qualche persona quaggiù che un domani sono certo vorrò rivedere.


E allora guai a dire addio.
Basta un: "Arrivederci, Argentina:

Il piacere è stato mio".

venerdì 8 dicembre 2006

L'ultima esagerazione

Puerto Madryn (Prov. del Chubut, Argentina), notte del 7 dicembre.
Due giorni e un po' al mio ritorno.
Un po' di cose da scrivere, ma si sa, quando viaggi per più di un giorno in autobus per spostarti da un angolo all'altro dell'immensa Patagonia, può succedere di avere arretrati... pazienza allora, adesso però è tempo di parlare.
Perchè, come disse Pino Daniele, subito dopo il primo scudetto del Napoli (e subito prima di cantare "O sole mio" in Piazza del Plebiscito): "Tengo 'na piccola cóssa da dire"... (Citaz.)
Innanzitutto che tutta questa mia lunga ma al tempo stesso veloce scorribanda (2 mesi e 20 giorni non sono davvero nulla, a pensarci bene) da nord a sud e da est a ovest del più bel paese del mondo (e su questo non discuto), è stata vissuta (un po' per scelta, e un po' per genetica) all'insegna dell'ESAGERAZIONE.
Bella parola, eh? Ti riempie la bocca mentre la dici e l'anima mentre la pensi.
Se sei come me, certo...
Il guaio è proprio questo. Esagerare mi piace. Eccome. E non sto certo parlando di "divertirsi" pagando gran soldi e fare tante cose costose per far vedere che ce l'hai più lungo. No.
Lascio il malcostume di molti giovani italiani ai suddetti giovani italiani affetti da malcostume. Esagerare sì, ma senza la cafonaggine.
Per me esagerare ha a che vedere con ben altro.
Io mi sono divertito e ho provato soddisfazione, ad esempio, anche semplicemente nel compiere il mio dovere (universitario) a modo mio, sperando che un domani venga apprezzato, per poi dedicarmi qui a quello che questo mondo, così diverso da casa mia poteva regalarmi di bello. Possibilmente esagerando (in termini di spazi e tempi soprattutto).
E vi assicuro che, fino alla fine, tutto ciò mi sta dando molto in termini di emozioni.
Ci eravamo lasciati a Bariloche e... beh...di chilometri da allora ne ho percorsi parecchi. Per essere un po' più chiari (per quanto comunque approssimativi) da Buenos Aires ho percorso circa settemila km in 6 giorni...lo chiamavano il Naviga-Tori... (Semicitaz: Speciale Cinema)
Roba da perdere la concezione della distanza.
Tra Bariloche e Río Gallegos, la domenica, nel Chubut, conosco sul pullman un tedesco mio coetaneo, Andreas, simpatico e con "gli occhi buoni"... diventiamo compagni di viaggio.
La notte tra domenica e lunedì arriviamo a El Calafate (prov. di Santa Cruz), e visitiamo il celeberrimo ghiacciaio Perito Moreno, nel Parque los Glaciares. Davvero impressionante, specie per il colore celeste intenso, che mi ha colpito molto.
Sembrava un po' quel ghiacciolo schifoso all'anice che da bambino mangiavo sempre per ultimo, quando lo trovavo nella scatola...
Vedetevi le foto...più di tanto non ve lo posso descrivere, anche perchè in certi casi la natura parla da sola.
Certo posso dire però che in certi momenti, col capello incolto e sommerso tra i ghiacci eterni facevo molto "Aragorn figlio di Arathorn"... se amate Tolkien (o... "P'dor figlio di K'mer", se amate Aldo Giovanni & Giacomo)... A voi la scelta.


Per arrivare a Puerto Madryn da El Calafate (LaVacCalafàte, si direbbe dialettalmente dalle mie parti, vista l'Odissea per arrivarci) siam dovuti poi ripassare allegramente per Río Gallegos, la città più a sud dell'intera Argentina, se eccettuiamo Ushuaia e la Terra del Fuoco.
Da lì, alle ore 17:00 di martedì 5 dicembre urlo finalmente al cielo (in rotta est-nordest) la frase segreta, sperando che Bitacci da Cape Town (Sudafrica del sud), dopo aver sincronizzato il suo orologio col mio via internet, faccia altrettanto nel medesimo istante: per un attimo diventiamo la...coppia di amici più australe del mondo, legati da una voce attraverso l'oceano!
Mi piacciono i record. Perchè mi piace esagerare, appunto. Mi dicono che ciò si vede anche da come parlo, o mi comporto.
Dolores me lo diceva sempre: "Sos tan exagerado!" ...
In un attimo di -eccessiva- autocelebrazione ho per un nanosecondo pensato che si potesse riferire alle dimensioni del mio pistolino, ma tornando all'approccio cinico-realista che mi contraddistingue credo più opportuno pensare che volesse riferirsi al mio modo di agire e a quel mio dare un personale... "colore" alle cose che vivo e di cui parlo.
Bello, lo so. Ma forse preferivo il pistolino gigante.
No, scherzo...
Va bene così.


Anche perchè dopo più di un giorno di autobus (scomodo) io e Andreas risaliamo il Chubut fino a Puerto Madryn, e ce la passiamo da Re. Il primo giorno facciamo una sabbiosa e poco consigliabile escursione in mountain-bike fino a Punta Loma (17 km andata e 17 km ritorno, tra salite, discese e insabbiate...), credetemi, lasciate perdere!
Il giorno dopo, però (oggi, giovedì 7) andiamo a... vedere bestie. La Reserva Faunística Península Valdés offre molti spunti a chi come me si gasa con gli animali. Pinguini. Leoni ed elefanti marini. Ma soprattutto loro.
I Giganti del Mare, già protagonisti indiscussi di quel 5 settembre 2002 a Tadoussac (Québec), giorno in cui misi in pratica quello che il mio Vecchio, andatosene anni addietro, mi raccomandò di fare durante un bel sogno che avevo fatto nemmeno ricordo quando.
Avete mai provato a vivere la vita vera cercando di fare quello che vi ordina... un sogno?
È un'esperienza esaltante, specie se ci riuscite, e ancora meglio se poi riuscite a dare un significato importante a quel sogno.
Un sogno del quale, prima di seguirne le orme, ignoravate il senso.
Io l'ho fatto, e come il mio Vecchio mi ordinò, vidi le balene, allora come oggi.
La prima volta, allora, nel 2002, fu per forza la più intensa a livello emozionale, per tutto quello che volle dire, anche se gli animali furono di certo meno... fotogenici di oggi.. (vedetevi le foto che ho fatto quaggiù... sono uno spettacolo!)
Ma ugualmente, ogniqualvolta vedo le balene saltarmi di fronte, per me è un po' come andare al cimitero a portare un mazzo di fiori.

Lo so, è un'esagerazione.
Ma io sono fatto così.
E anche lui era fatto così.

A pensarci bene, ad insegnarmi ad esagerare fu proprio lui...












sabato 2 dicembre 2006

Azzurro

San Carlos de Bariloche (Prov. del Río Negro, Argentina), sabato 2 dicembre.
È iniziata la mia avventura patagonica.
Consultati proficuamente i professori (Ripoll mi ha addirittura offerto una supercena di carnazza e vinello) calo il mio Tris, sbanco e faccio immediatamente le valigie.
Arrivo stamattina presto a Bariloche, la prima tappa, attraversando tutta la provincia di Buenos Aires (davvero immensa), La Pampa, Neuquén e, finalmente, Río Negro.
Mi viene da darmi del visionario, se penso che l'altro ieri ero a studiare torride foreste sul Tropico del Capricorno.
Qui sembra un altro pianeta.
Paesotto abbastanza tranquillo, 'sta Bariloche. Sembra un po' di stare a Cavalese, con questa aria tagliente che ti irrigidisce la faccia e ti congela i pensieri, ma solo quelli cattivi.
Già dal pullman, attraversando il Neuquén, avevo avuto un assaggio della bellezza della regione dei laghi argentina, che ora sto ammirando qui al suo (forse) massimo splendore.
Il Lago Nahuel Huapi, nome indigeno, probabilmente Mapuche, è tutto da raccontare, specie in una giornata di sole pieno e di quasi-estate come oggi.
Potrei ricorrere a mille funambolici giri di parole, come faccio di solito, ma mi limiterò ad una parola: AZZURRO.
La vista del paesaggio sul lungolago è semplicemente descrivibile come "la cosa più azzurra a cui potete pensare".
E niente più.
Provate a pensare ai lapislazzuli sul faccione di Tutankamen, alle fintissime lenti a contatto di Paris Hilton, al pomeriggio secondo Celentano, al monocromatico guardaroba del Perrotta, al civoliano "Cielo sopra Berlino" dopo Italia-Francia... beh neanche allora ci siete vicini, come direbbe il buon Mark Renton in Trainspotting.
Non sarà mai azzurro così. Un colore che non ti fa pensare a nient'altro.
Nonostante non sia mai stato il mio colore preferito (di norma preferisco i colori caldi, o il nero, vedi il layout del mio stesso blog), inizio a ricredermi. In fondo, questa NON è la "norma".
E poi prendete l'orizzonte di quaggiù: mettete insieme una immensa fascia d'acqua azzurrissima (del tipo daquandociseitututtoquestononcèpiù, di sapore Mogolbattistiano), con il cielo che ne forma un'altra sopra dello stesso colore, interrotte orizzontalmente da una striscia di cime montuose bianche. Aggiungeteci un bel sole splendente nel mezzo e... indovinate un po' che bandiera vi salta fuori? Già. Bello, no?
Inizio a pensare che il General Belgrano, prima di disegnare la bandiera argentina (altro che in tributo ai colori della Madonna!), fosse venuto qui (sto delirando, ovviamente, lo so che non è così) ad ispirarsi, magari ospite degli indigeni Mapuche.
Vi immaginate la scena? Arrivano 'sti spagnoli, vengono accolti, e subito folgorati dalla bellezza delle terre dei nativi.
Dopodichè li sterminano tutti, così, come per ischerzo (a dire la verità non so se quaggiù sia stato Belgrano a slegnare, ma lui o chi per lui, fa lo stesso). Forse è stato il loro modo per ringraziarli, a modo loro, dell'ispirazione avuta. E siccome, si sa, l'ispirazione, l'attimo poetico, è qualcosa di leggero, effimero, che va e viene, allora giù botte e andiam a conquistar. Che mattacchioni, questi Conquistadores...
Stanotte dovrei viaggiare verso Comodoro Rivadavia (nel Chubut). Un altro posto (l'ennesimo) intitolato a uno che "ha fatto grande il paese"... ma perchè? Prima che arrivassimo noi e, soprattutto, gli spagnoli a rompere i maroni, l'Argentina era forse "piccola"? Boh.
Cerco di non pensarci. Adesso il paese è così, e per me è comunque meraviglioso. E un posto come questo ti fa stare bene, o comunque meglio.
Sul lungolago, steso nel sole, un po' Springsteenianamente lying out here like a killer in the sun, mi guardo attorno, e tutte le cose, persino le montagne -che in teoria sarebbero dure, pesanti e verdi- prendono lo stesso sapore, consistenza e colore del lago.

Delicato. Leggero.
E azzurro, appunto.