Non mi troverete mai

* Blog in fase di aggiornamento... scusate il disordine (e la presenza di alcuni post...ancora vuoti!)

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Sono sempre stato un curioso, un bastiancontrario e un rompicoglioni. Quando verso gli otto anni gli altri bambini iniziavano a dubitare dell'esistenza di Babbo Natale, io ero talmente più avanti da essere scettico sul fatto che potessero esistere "i genitori". Fossi nato nel '500 probabilmente sarei stato un esploratore, o un navigatore, o anche solo un mozzo o un vagabondo. Fossi nato in un futuro tipo Star Wars sarei stato una specie di Han Solo o, alle brutte, un Wookie poco peloso. Sfortunatamente sono cresciuto in un'Italia dilaniata da Vespa, dalla De Filippi, da Pippo Inzaghi. Ma sto cercando di uscirne. Ogniqualvolta l'avventura tornerà a fare visita alla mia vita, questo blog avrà qualcosa da dire. Forse.

venerdì 27 giugno 2008

L'elefante sulle scale

I'm pushing an elephant up the stairs...

Dalla terribile estate 2004 la parafrasi del ritornello di The Great Beyond dei R.E.M. è diventata il mio modo prediletto per indicare quei particolari momenti di fatica cosmica in cui sembra ancora più dura fare andare avanti le proprie cose. Come se si dovesse spingere un elefante su per le scale, appunto.

Sono a Mosca, seduto contro un albero vicino alla stazione Lubyanka, vicino all'internet point dove domenica scorsa, un giorno prima del mio (fugace) ritorno a Voronezh, mi aveva attaccato bottone la ragazza più bella del Mon...te (Cit.). Mai visto niente del genere, fa la modella e te lo credo. Ste direbbe "Perfezione +1", se solo fosse qui. Ma non è qui. Nessuno dei miei Fratelli lo è. Sono solo nella capitale, in attesa di prendere la Transiberiana sabato sera, e nella speranza quantomeno flebile di rivedere pure lei...
Troppo veloce. Come al solito.
Inizio a scrivere di getto tutto quello che penso, e finisce che non si capisce una favazza.
Immancabile passo indietro, alla Tarantino. (inizio a prenderci gusto, ormai!)


Lasciamo il camping del festival mercoledì 18 dopo aver sbaraccato.
I butei mi mancano. Ci mancano. Ci mancheranno. Ci mancherebbe.
Mi infilo in una macchina diretta da Yukhnov a Mosca con Gabi e Leni
ćka, che nel frattempo sono diventate mie buone amiche, a colpi di intime confidenze ed estemporanei limoni a tradimento (rispettivamente).
Una macchina davvero stipatissima di gente e bagagli, e tutti i butei da fuori scoppiano a ridere quando salutandoci mi vedono mimare e canticchiare il jingle del "Tetris", cercando di salire sulla zingarissima autovettura... ci entro giusto giusto. Pure Brad sfumazza e ride svarionato.

Con un tempo degno di Silverstone (corredato di "mancetta" al compiacente poliziotto di turno, lungo una strada dai limiti troppo bassi) arriviamo a Mosca, dove dovremmo restare fino alla domenica mattina per stilare il report sul concerto, e per il sito web. In teoria.
In pratica, buttiamo giù solo il "canovaccio" che poi ognuno finirà da sè, perchè le ragazze non ne hanno cazzi di scrivere. Si vogliono godere la città. Mi adeguo.
Anzi, strafaccio. Dico ad Elena che tornerò a Voronezh un giorno dopo di lei perche' "domenica sera Italia-Spagna me la voglio guardare con Xiscu" (Francesc, l'architetto catalano conosciuto al festival), che è a Mosca pure lui. È veramente un grande, e i miei giorni a Mosca passano tra relax e delirio, con alcune perle tipo "Ey, como es que ahora que estan las chicas hablas ruso!?" (XiscuCit.)
Virtuosismi della necessità.


Ri-balzo in avanti di due giorni (scusate). In ufficio a Voronezh, ancora slegnato dalle ultime batoste moscovite e dal viaggio in bus (otto ore), scrivo comunque un buon rapporto e ribecco amichetti & amichette voronesi (dubito che si dica così ma va bè)... ma la mia testa à rimasta LÀ, a domenica scorsa.


La domenica mattina, a Mosca. Appunto. Faccio per andare ad un internet point per masterizzare le mie foto su un cd per Gabi, che torna in Slovacchia.
Il tipo della cassa non capisce bene quello che voglio. Di fianco a me, pure lei in attesa, una ragazza di una bellezza quasi irritante osserva la drammatica trattativa italorussa dipanarsi.
E decide di aiutarmi. Mi guardo attorno, in cerca di qualche telecamera nascosta.
Nessuna candid, parrebbe. La ringrazio e la invito per un caffè di sdebitamento. Mi dà il numero al primo tentativo, e il pomeriggio mi chiama addirittura lei. Cerco sempre la candid camera, ma non c'è.
Allupatissimo (vedi fig.), salivazione azzerata, segni evidenti di autismo, manie di persecuzione.
La stessa notte l'Italia vola pure fuori dall'Europeo (Donadoni, va à zugà a dàma... - RikiCit.), ma nel mentre come dire... ehm... il mio cordoglio durava poco (AutoCit.).
La telecamera nascosta manco la cerco più.

Dai, Xiscu... scusami per il bidone, niente di personale... ma tu al mio posto che avresti fatto? Consolati con la semifinale contro Madre Russia, và! Xiscu capisce e ride.
Mosca e' pazza. Meglio adeguarsi.
E quindi rieccomi anticipatamente a Mosca, nel caso fosse possibile rivederla (ma è fuori città coi
suoi, Diàlo Càn).
Divento nervoso, fumo sigarette amare (Cit.), conscio che difficilmente la ritroverò.
L'elefante è sempre lì,
sulla rampa delle mie scale. E devo spingerlo.

I'm looking for answers from the great beyond...


Oggi ho anche dovuto spostare il mio zainaccio ignorante da un capo all'altro della metropoli perchè ho cambiato la mia casa-ospite: arrivato a destinazione non c'era nessuno ad aprirmi, ed io le chiavi NON le avevo prese in prestito, in uno slancio di ottimismo immotivabile. Dunque mi tocca girare zavorratissimo: un prezzo equo per la mia stupidità.
Colpa mia.
Vivo su questo pianeta da un quarto di secolo e conosco le leggi di Murphy.
Se una cosa ha la possibilità di andare male, lo farà.

Così vado in giro, e visto che voglio controllare la posta faccio per tornare (inguaribile romantico) allo stesso internet point dove l'ho incontrata. Chiuso.
È quello che mi dice un sinistro figuro trasudante ottusità e limiti culturali
.
"Quando riapre?" oso chiedere.
"Tra due anni. Restauro del palazzo."


Over my shoulder a piano falls
Crashing to the ground...

Dinnanzi ad una carica simbolica tanto potente rinuncio ad indagare sulla sua reale chiusura: leggo tra le righe e mi arrendo ad un'ironia quasi sublime nella sua geniale perfidia.

E ci ho pure venti chili sulle spalle.
La smetto con le romanticherie ed esplodo in una risata violenta e solitaria.
Rido solo, come i matti, e con lo zaino sempre più a forma di elefante mi appresto ad ammazzare il tempo altrove, e a chiudere questa mia ulteriore parentesi a Mosca, che domani devo andare in Siberia a scrivere pagine diverse.
Il culone del proboscidato
pachiderma è sempre lì.
Davanti a me.
Sulle mie scale.
E allora,
caro Michael Stipe fammi su le maniche, che ricomincio a spingere.

I'm pushing an elephant up the stairs
I'm tossing up punchlines that were never there
Over my shoulder a piano falls
Crashing to the ground...
I'm breaking through
I'm bending spoons
I'm keeping flowers in full bloom
I'm looking for answers from the great,
Answers from the great,
Answers.

venerdì 13 giugno 2008

Tanto il fiume guida lui

Sempre qui.
Nella terra di nessuno dove lavoriamo ormai da dieci giorni.
Ieri è iniziato il festival vero e proprio, e non riesco ancora a quantificare quanta gente sia arrivata. Voci sbanfose dicono addirittura 50.000, ma mi sembra una bubana: credo comunque che 30.000 ci siano tutti, a giudicare dalle macchine, dalle tende, eccetera. Tanti, in ogni caso. (http://www.holmi.ru)

Potrei definirlo "un assaggio di Woodstock", per lo stile delle persone che vi partecipano (volontari o semplici visitatori). Quelli della mia generazione il vero Woodstock ovviamente non l'hanno visto né vissuto, qundi posso solo immaginarla, questa somiglianza... ma una cosa ve la posso dire: se in quegli anni i festival erano davvero così (e pure meglio, per quanto riguarda i più importanti) ... che ci siamo persi!
Fermare le persone, incontrare sorrisi e far dò ciacere non è mai stato così facile.
Pustye Holmy è una città invisibile, un agglomerato di vita che non dorme mai, e che esiste soltanto per pochi giorni l'anno, e poi scompare.
In questi giorni ho cercato per mari e per monti l'ispirazione per poterla descrivere, senza trovarla.
Così ho deciso di cercarla nel fiume.
Il fiume Ressa che, da quando ci hanno costruito il ponte che collega le due rive e le due parti dell'area festival, è diventato affollato per davvero. (nomen omen, presumo...)
Ogni giorno, finito il lavoro, mi ci tuffo dentro dall'estremo sud del festival, all'altezza dell'ultimo palco, e da lì mi faccio trasportare fino all'ansa di fronte al nostro campo base, forse dopo un chilometro o due di "navigazione".
Nuotare non serve, il fiume guida lui.
Mi metto steso in avanti e tengo fuori solo gli occhi, che così possono vedere, cercare, trovare.
E vedono fritti sulla strada del non ritorno, sorrisi di sconosciuti che non capiscono che ci faccio qui, trovano reduci dei veri anni sessanta, capelli imbarazzanti, livelli di cottume inarrivabili, profumi di carne ai ferri, per cui un uomo può anche uccidere, e gruppi di nudisti intransigenti.

Così, tra topless convincenti, patate imperdibili e piselli evitabili, il mio viaggio prosegue senza fatica, che tanto il fiume guida sempre lui.
E i miei sensi trovano l'aroma delle migliori foglie di tè dei miei amici buddisti ucraino-georgiani, incontrano bimbi bellissimi tra le braccia di mamme pure degne di nota, e folle che zompano, cantano e sfumazzano dietro a certi assoli di fender che va bene che Hendrix era bravo ma svegliarsi così la mattina puo' anche essere pericoloso.
Incontrano occhiali alla Lennon, capelli alla Joplin, preti (poco) ortodossi, cani da pastore, pastori di anime, ed anime di cani, cani sciolti da padroni liquefatti, e poi ancora la barba di Padre Harley, e quella di Brad, che oggi suona pure sax e chitarra.
Incontrano le pupille micoticamente dilatate negli occhi grandi di Katya, e mongolfiere in miniatura che di notte si muovono rapide nel cielo sopra il palco, formando col loro fuoco puntini luminosi di costellazioni che non esistono.
Infine, ritrovano i miei dipinti giganteschi montati sulle decorazioni dei vari palcoscenici, e ritrovano pure Katya, che a differenza di quanto succede di solito in queste situazioni, "il giorno dopo è anche più bella".
E per un po' mi sento orgoglioso.
È un tipo di felicità che non costa nulla, e che non richiede sforzi.
Come scendere lungo un fiume.
Che tanto, guida lui.

mercoledì 11 giugno 2008

La barba di Padre Harley e la tromba di Brad Pitt

Padre Harley ha una barba enorme. Gli copre la bocca, ma lui sorride cogli occhi.
Sorride sempre, con tutti, e mette le persone a proprio agio.
È piuttosto giovane, trentuno credo, ma sembra molto più vecchio per via del look: prendete il Bill Nighy dell'ultimo Pirati dei Caraibi, quando perde i tentacoli e torna umano per qualche minuto... rasategli i capelli davanti e aggiungeteci una treccina dietro.
E poi, forse, il suo grande carisma contribuisce a farlo sembrare più avanti cogli anni, sommato al fatto che è il "decano" e la mente dei volontari di questo festival a cui sto partecipando con l'ONG.
















Mi trovo nei pressi di Yukhnov, nel distretto di Kaluga (Kaluzhskaya Oblast'), dove tra poco avrà inizio Pustye Holmy ("Empty Hills" in inglese), uno degli eventi più attesi da queste parti: l'anno scorso c'erano più di 15.000 persone, e per quest'anno ne aspettiamo pure di più. Finora solo di volontari ne saranno arrivati più di 200, tutti russi tranne me e le ragazze che ha reclutato l'ONG. Che sono: Lena, moscovita piuttosto carina e simpatica ma COMPLETAMENTE fulminata (visto lo stile hippico sospetto che si faccia pesantemente di lamponi e fiori di campo...), Julia, tedesca piuttosto anonima (ma che mangia ad ogni ora, quasi compulsivamente) e la più che discreta Gabriela, slovacca di una certa caratura, e pure in gamba... forse un po' figa a se stessa (AutoCit.) in quanto fidanzata oltremisura; oltre ad Elena di Passage Zebra, che è venuta da Voronezh insieme a me. C'era anche il piccolo Barış, turco diciottenne che ha fatto un po' la meteora, e dopo tre giorni qui se n'è andato.
Forse non reggeva la vita da campeggio che, in effetti, può anche non piacere.
A me, devo dire, non dispiace.
Mi alzo presto, mangio cose apparentemente salutari e in quantità umane, mi lavo nel fiume e cago nelle foreste. E intanto lavoro alla costruzione delle varie cose per il festival, faccio foto e mi preparo all'evento che dovremo poi documentare e promuovere.
Sono qui da una settimana (e resterò per altri 7 giorni, fino al 18), che mi sembra un mese.
Vita spartana, come a Divnogore, ma in scala 1:100.
Bisogna preparare quattro palcoscenici diversi, il che implica anche un certo lavoro di manovalanza; dopodichè, finito il concerto, che durerà dall'11 (stasera) al 14 giugno, sbaracchiamo tutto e tornerò a Mosca con Elena e le altre tre ragazze del team reclutato da Passage Zebra, per una tre giorni in cui stileremo il nostro report sull'evento.
Qui, per adesso, il lavoro non manca. Certi giorni faccio pure il pittore a tempo pieno, per le decorazioni dei palcoscenici... pare che da queste parti apprezzino molto le mie creazioni.

Oltre a Padre Harley (che è russo pure lui, ovviamente si tratta di uno pseudonimo) ci sono altri fenomeni di rilievo che cooperano qui, tutti abbastanza sullo stile alternativo. Diciamo che dove sto io sembra più una comune che non una zona camping per l'amministrazione del festival.
C'è chi fa da mangiare (alle volte pure io, e a grande richiesta del popolo!), chi lavora ai palchi, chi alle parti tecniche, chi procura materiale, chi di qua e chi di là... ma nel complesso tutto funziona, anche grazie allo stakanovismo di alcuni esemplari, come Andrej.
Amico di Harley, lo chiamiamo tutti Brad perchè, li mortacci sua, somiglia molto al Brad Pitt gitano di The Snatch (quando poi parla in russo veloce coi suoi soci non vi dico!).
La mattina suona la tromba a mo' di sveglia per il campo, poi va a fare yoga, mastica radici cinesi e lavora come un matto. Pure lui ride sempre, e non perde l'ilarità nemmeno quando gli vola il cellulare nella latrina dove entrambi stavamo cagando. La vita con filosofia, alla faccia...

Alcuni lavori che i ragazzi hanno già portato a termine qui hanno dell'incredibile. I butei (Cit.) hanno in pochi giorni costruito un ponte (bellissimo) sul fiume Ressa e quattro palcoscenici a tema (i "Quattro Elementi", nella fattispecie), di cui uno meraviglioso, a forma di nave, sul modello di un vascello pirata cinese. Mi piace talmente tanto che l'ho trasformato nel mio "ufficio": da lì quasi ogni giorno, sul "ponte" della nave con l'aiuto dei colori e della musica nelle orecchie ad ispirarmi, porto avanti le mie mansioni, soprattutto quelle artistico-coreografiche.
È incredibile quanta ispirazione possano darmi quelle quattro assi di legno inchiodate nel modo giusto, e abbinate alla bellezza dell'ambiente circostante e a certe canzoni CHE SO IO. L'unica cose negativa, diciamo, è che il vento soffia fortissimo e alle volte mi mette in crisi quando dipingo en plein air. Un vento ignorante, inopportuno, che spazza e non chiede scusa.
Pure il celeberrimo Sole dell'Avvenire non scherza: sorge verso le quattro, tramonta a mezzanotte e nel mentre picchia come un assassino sul ponte del vascello.
Anche il ponte sul piccolo fiume Ressa è davvero figo.
Alcuni architetti in erba (spero non troppa) tra cui il mitico catalano Francesc, ci hanno pure costruito una mini piattaforma sull'acqua sulla quale la notte facciamo botellón; da lì guardiamo la gente passare sul ponte di legno addobbato con certe lampade rosse che, con un po' di fantasia, ti portano fino quasi in Cina, tra la nebbiolina che sale dall'acqua del Ressa (mai tiepida quanto di sera) e il suono incessante dei tamburi: un ritmo rosso e tondo come le lampade sul ponte.

Così si va avanti, qui. Ogni giorno arrivano volontari nuovi, e pure loro si fanno contagiare dal clima piuttosto sereno di quaggiù.
L'unica pecca è che con l'inglese qui si sopravvive abbastanza (a differenza della piccola Divnogore), e quindi il russo lo pratico un po' di meno... va bè insomma, accontentiamoci.
Mhh... no, non è da me dire così... sarà mica colpa dell'atmosfera rilassata e volemosebene di queste parti..?
Mhh! Padre Harley dovrà darmi spiegazioni anche su questo.
Sorridendo da sotto la barba, ovviamente.

martedì 3 giugno 2008

A far legna

Per il titolo di questo episodio prendo in prestito questo modus vivendi dal repertorio tormentonistico del Bettoli (mio amico nonchè costante fonte di ispirazione in tema di motti arguti et similia...), anche se al momento mi sfugge in che occasione era stato coniato.

A far legna. Perchè mercoledì è di fatto iniziata la parte itinerante del mio progetto qui all'ONG: per chi non lo sapesse (in effetti non credo di averlo ancora spiegato per bene, in questa sede) sono qui all'ONG Passage Zebra di Voronezh per dare una mano nell'organizzazione di diversi festival ed eventi musicali-culturali, sparsi per l'immenso territorio russo, e nell'arco di quattro mesi circa.
Il primo è stato appunto il "Yarilino Plamya" (traducibile con "Focolare pagano") con sede a Divnogore, ridente e remota località che si trova sperduta nei boschi della stessa "provincia" di Voronezh, e che ogni giorno diversi turisti e famiglie visitano per escursioni. In effetti il posto è molto bello.
Dalla fermata del treno, arrivando dallo snodo ferroviario di Liski, scendi e ti ritrovi da un lato il "paese" (o meglio, una strada sterrata con alcune casupole ed un emporio) e la collina su cui è arroccata una caratteristica chiesetta bianca; dall'altro lato, invece, boschi, boschi e ancora boschi, interrotti da qualche spianata erbosa dove la gente campeggia.
Io ci arrivo mercoledì sera con Artёm (pron: Artiòm), un simpatico spilungone che (per la gioia del Sigi) potrei definire allampanato, sgalipato, oppure (per la gioia di Bruno Pizzul) dinoccolato, a seconda di come vi piace di più (qui a sinistra in versione pifferaio alla Kill Bill).
È un amico di Elena, e ha il compito insieme a me ed altri due di fare i preparativi per il festival, nella landa selvaggia dove l'evento avrà luogo venerdì sera e sabato.
A sole abbondantemente tramontato, nel freddo buio della boscaglia, io e lui rinveniamo i resti degli altri due tipi che lavoreranno con noi: Evgenii (detto Zhenya) ed Artur, rispettivamente 40 e 31 anni, pittore astrattista e grafico pubblicitario; due tipi veramente strani (vedi foto a lato), che non parlano inglese, come nemmeno Artёm, del resto.
Sarò costretto a pescegattare in russo, orbene. Si preannuncia un inverno rigido (Riki Cit.)...
Punto primo, il campo base. Allestiamo il tutto piuttosto bene, con tende e falò. Abbiamo pure la pasta. In quanto unico italiano, mi prendo io la responsabilità e mi presento dal dischetto. Rete.
Per lo meno abbiamo mangiato decentemente. La notte passa un po' così, nella stretta tenda di Artёm, tra pioggia sì e pioggia no, e certe rane enormi dall'ugola baritonale, che non ne volevano sapere di stare zitte.
Il giorno dopo, giovedì, iniziamo a preparare il campo per il concerto, e servono tronchi per il palco (tutto molto in stile etno-primitivo-tradizionale), nonchè rami per il falò principale del concerto e per il nostro fuoco per cucinare. In questi giorni credo di aver fatto più legna io del leggendario Geppetto Torricelli sulla fascia destra durante l'indimenticabile 1995/1996 della Juventus campione d'Italia, d'Europa, del Mondo e con ogni probabilità dell'Universo, se solo gli alieni avessero voluto giocarci contro.
Meno di due anni fa le foreste le studiavo in Sudamerica.
Adesso le sego in Russia. Mah.
È sorprendente come il destino possa essere ironico, alle volte.


*Presto continuo a scrivere il resto della storia.
Mi interrompo momentaneamente perchè (forse non sapete che) la connessione ad internet in Russia alle volte può essere piuttosto irritante, ed invece (come sicuramente saprete) il mio sistema nervoso è da sempre piuttosto irritabile.
Pessima combinazione. Pessima.
A tra qualche ora.
Oh, rieccoci. Eravamo rimasti a venerdì 30, giorno in cui Elena, la coordinatrice, arriva da Voronezh (in autostop!) al nostro campo nomadi, come del resto anche i primi campeggiatori, prossimi spettatori dell'evento serale. Anche loro, col treno, in gran parte provenienti dal capoluogo.
Il campo è quasi pronto, e così inizio a conoscere gente. Faccio legna.
È incredibile la popolarità che puo' riscuotere uno straniero dove non sono abituati a vederne. Provate a presentare, ad esempio, una grassa foca della Groenlandia ad un branco di famelici coyote in Texas: vi accorgerete della... popolarità del nuovo arrivato nel gruppo in men che non si dica.
Il ragionamento più o meno è lo stesso... alle volte facevo perfino fatica a... smarcarmi con educazione dalle pezze (per lo più in russo) che mi attaccavano tutti, uomini compresi!
La mia leggenda cresceva a vista d'occhio... soprattutto quando il sabato pomeriggio, a festival già avviato, mi sono messo su un banco apposito a raccogliere fondi e offerte per l'ONG disegnando ad acrilico sulle magliette, per chi le voleva (disegni a richiesta).
Ho preso giù un numero di "ordinazioni" che mi avrebbe tenuto impegnato circa fino al dicembre 2013, ma qualcuna l'ho soddisfatta. Un successo enorme.
Tale Evgenii detto Vakula mi ha pure regalato la sua maglia a righe bianconere orizzontali, che qui è evidentemente un must, visto che ce l'hanno tutti (vedi fig.). Bene. Sto diventando un po' russo pure io.
Il concerto è andato bene, e l'ONG è soddisfatta del nostro lavoro.
Anch'io sono soddisfatto. C'erano circa 300 persone, e molti di loro mi hanno voluto lasciare i loro contatti, per quando tornerò in città!
Peccato che, di qui alla fine, il mio soggiorno a Voronezh sarà parecchio frammentato, causa viaggi e riviaggi, concerti e riconcerti. Già domani, (tre giorni scarsi dopo il mio rientro di domenica) dovrò viaggiare verso Mosca e Kaluga, dove avrà sede il prossimo (grosso, pare) evento.
Insomma, sarà difficile ribeccarli tutti a Voronezh (diciamo pure impossibile).
Ho fatto legna, e forse ne ho fatta troppa.
Ma in Russia non si sa mai.