Non mi troverete mai

* Blog in fase di aggiornamento... scusate il disordine (e la presenza di alcuni post...ancora vuoti!)

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Sono sempre stato un curioso, un bastiancontrario e un rompicoglioni. Quando verso gli otto anni gli altri bambini iniziavano a dubitare dell'esistenza di Babbo Natale, io ero talmente più avanti da essere scettico sul fatto che potessero esistere "i genitori". Fossi nato nel '500 probabilmente sarei stato un esploratore, o un navigatore, o anche solo un mozzo o un vagabondo. Fossi nato in un futuro tipo Star Wars sarei stato una specie di Han Solo o, alle brutte, un Wookie poco peloso. Sfortunatamente sono cresciuto in un'Italia dilaniata da Vespa, dalla De Filippi, da Pippo Inzaghi. Ma sto cercando di uscirne. Ogniqualvolta l'avventura tornerà a fare visita alla mia vita, questo blog avrà qualcosa da dire. Forse.

mercoledì 30 luglio 2008

Le aquile e il sangue

Kyzyl (Respublika Tuva), Siberia meridionale al confine con la Mongolia.
Ci eravamo lasciati proprio qui, il 14 luglio, con un lungo viaggio ad attendermi.
Ed eccomi qui, nel baricentro esatto del continente asiatico, dove le aquile korshun volano basse sopra le nostre teste, come ad attendere qualcosa che sono certe succederà.
Magari a voi non vi dice nulla, ma un appassionato di animali tende a notare stormi di grossi rapaci in centro città.

"Non lo so" - dico a Marine, ventinovenne volontaria francese - "Ho delle brutte sensazioni, qualcosa non va, qui."
"Uì, muà ossì" - mi replica lei.
L'aria è strana, cattiva. Sa di merda e sangue.
È già sera, sul lungofiume, e lo Yenisey scorre indifferente: passa, vede, e prosegue omertoso giusto vicino alla casa degli sciamani dove siamo alloggiati per stanotte in attesa di raggiungere Chadan domani.
In questa casa, in questo posto, c'è qualcosa di storto, molto storto.
Storto come la sciamana zoppa con cui ho appena parlato.
Parla ad alta voce, un po' sgarbata, e in generale
questo posto mi mette i brividi.
Le ragazze dormiranno nella Yurta di fronte alla casa, mentre noi abbiamo preparato le tende nel cortile interno.
Non mi sento al sicuro. Non stavolta.
Non nell'epicentro della microcriminalità di strada dell'intera Federazione Russa, statistiche alla mano.
Nel 1998 hanno calcolato che se una città grande come Mosca avesse lo stesso trend ci sarebbero 100.000 vittime di morte violenta per settimana!

Tramonto inoltrato.
Già facendo un giro diurno per le strade con Jordi (economista catalano e vecchio volpone dei paesi dell'ex URSS) ci siamo resi conto che tra questi tuvini ci sono un sacco di persone da evitare, centinaia di occhi da non incrociare.
Nei quartieri meno attraenti dell'Argentina o del Paraguay se non altro la mia faccia latina mi mimetizzava, ma qui la gente al novanta per cento ha tratti somatici mongolici, ed io puzzo di straniero lontano un miglio.

Non vedo l'ora di ripartire per Chadan (sede del festival), anche se pure là mi sa che tira la stessa aria, e poi comunque, una volta finito l'Ustuu-Huree, dovremo tornare qui a Kyzyl per aiutare nel Khoomei, simposio internazionale del throat singing.

Insieme a me e Lena viaggia un nuovo, ottimo team di volontari: Jordi, Marine (per l'appunto), e poi Kosta (torello di Belgrado, mio coetaneo che diventa subito uno dei miei preferiti), l'ascetico Jens (ventenne mooolto strano di Copenhagen), l'ironica Cécile (23, di Bruxelles), Olga (42, di Vienna), e le provocanti polacche Kasia e Natalia, 20 anni ed un ingarrimento non trascurabile.
Inoltre, nella casa degli sciamani sostano con noi anche Vlad (sui quaranta) e Yulia, trentacinque anni ben portati (Ahr! Ahr! - GambaDiBitoCit.), entrambi diretti al festival da Krasnoyarsk.
E poi c'è Manuel, lo svizzero del festival precedente, che è sceso con noi per un paio di giorni a Kyzyl prima di tornarsene a casa.

Manuel, a proposito, non c'è. Dov'è? Non era tornato cogli altri? Mi dicono di sì, ma adesso dov'è andato? Come detto, poco prima anche Marine aveva confermato le mie sinistre sensazioni...
Tempo venti minuti e Jordi arriva trafelato: una coppia di passanti al fiume gli ha appena detto che uno straniero è stato accoltellato e adesso è all'ospedale, senza specificare in che condizioni.

Lo sapevo, cazzo. Se n'è andato a farsi un giro con un energumeno del posto, un rifiuto che dicono provenire da Samarcanda, e che ne ha approfittato per attaccarlo e portargli via quattro soldi.
Ma Manuel è così: si fiderebbe anche del Diavolo... abituato alla sua sicura Svizzera-cuore d'Europa, si è trovato nel cuore dell'Asia e si è andato a cercare il pericolo.
Lena, che è russa, e Jordi, che sa perfettamente la lingua, cercano di raggiungere l'ospedale, e a me tocca radunare tutti i ragazzi e tenerli quieti, in attesa di notizie. Una parola. Sono teso come un violino, e l'aria sa ancora di sangue.

Nella casa, la sciamana più autorevole mi farfuglia poco comprensibilmente la "sua" versione dell'accaduto. Nie panimaiu, ovviamente: "Non capisco", ma ci provo.
Anche perchè Lena è andata all'ospedale e ha il cellulare scarico, e quindi le previsioni della tizia sono le uniche "news" che abbiamo su Manuel.
Guardo la nostra tenda nel cortile e mi chiedo: "dovremmo dormire qui, adesso?". All'aperto, a pochi metri e uno steccato dalle fameliche strade di questa città?
Ragazzi, non so voi ma io ho altri programmi, per stasera, tipo... che so... sopravvivere, diciamo.


Anche Vlad è d'accordo e, dopo una trattativa estenuante con l'aiuto della dolce Yulia, ottengo di dormire tutti dentro, sulla moquette, che in questo momento ci sembra più accogliente di uno chalet di montagna.
Mi dicono che nessun ladruncolo a Kyzyl si sognerebbe mai di violare il recinto della casa degli sciamani... ma dopo che un mio collega-amico (seppure per imprudenza) è appena finito all'ospedale, se permettete non mi
accontento di un deterrente spirituale.
Voglio mattoni. Ed un tetto, grazie.
Cinque coltellate pronti via, così a mo' di "benvenuti a Kyzyl".
Non male. È per questo che ho dovuto lasciare Shushenskoe? Per questo ho dovuto lasciare Kristina? Sembrerebbe di sì.


A proposito, la voglia di sentirla è enorme, in questo momento ne ho gran bisogno. Ma il mio telefono fa lo stronzo, non so perchè.

Sta di fatto che, chissà come, mi chiama lei proprio subito dopo il mio
tentativo. L'ho pensata tanto forte che forse mi ha sentito. Ovviamente si piglia un colpo quando le spiego che è successo. Ha paura per me, lei che tante volte me l'aveva detto di stare attento qui a Tuva.

Sentire la sua voce rimette a posto molte cose, così mi riprendo un po'.


Ma le notizie tardano, e la sciamana continua a dire che "Manuel sta bene, e ha solo avuto una grande lezione di vita"... Mi trattengo dal mandarla a cagare solo perchè siamo suoi ospiti, e questa notte il suo tetto vale oro. Yulia ci aiuta a capire quel che dice la sciura, mi prepara un tè e sembra serena, come se in fondo credesse nelle previsioni della tizia. Brava ragazza, davvero. Mi colpisce, anche se ho in testa solo Manuel (e il cuore, come sapete, è... momentaneamente scollegato).
A notte fonda, Lena e Jordi tornano
, e con loro anche arriva anche il grande sollievo: Manuel sta bene, anche se non capisco come sia possibile: pugnalato a schiena e gambe; nessuna conseguenza grave.

Sarai anche il più ingenuo del mondo, caro il mio redattore elvetico, ma ci hai più buco del culo che sentimenti. E li mortacci, se proprio volevi dormire in un candido lettino tutto tuo bastava chiederlo! Che esagerazione farsi ricoverare!
Troviamo così la forza di sdrammatizzare, che sinceramente ci voleva...

In ospedale il giorno dopo lo trovo bene, anche se comprensibilmente emozionato. Stammi bene, Vecchio Mio... dopo Chadan tornerò a trovarti qui a Kyzyl. Parola.

Chadan, Respublika Tuva, pomeriggio del 15 luglio. Eccoci al campo del festival. Il tutto avrà luogo in un boschetto e in uno stadio che stanno a cavallo di un gelido fiumiciattolo, forse il più freddo tra tutti quelli in cui ho dovuto pocciare le chiappe sinora (che non sono pochi). Di nuovo in tenda.

Vlad è arrivato anche lui.
E pure Yulia, che con altri amici suoi scopro essere la nostra nuova vicina. Ammetto di non essere dispiaciuto dalla cosa (sempre più Ahr!
Ahr!)...

Il posto è carino, anche se il festival è molto meno carico dei precedenti, perchè i tuvini quando bevono perdono (geneticamente) il controllo, e per questo l'alcool è bandito (più o meno).
Il che ovviamente va a scapito del divertimento. Ma va bè, in nome della sicurezza questo ed altro... Non dimentichiamoci dove siamo, e quello che ci è appena capitato a Kyzyl.

Per di più, a fomentare l'inquietanza, nel bosco sopra le nostre tende vive una quantità pressochè industriale di korshun che volteggiano costantemente su di noi, e ogni tanto scendono pure in picchiata. Fighissimi da vedere, ma d'ora in poi mi ricorderanno sempre l'atmosfera sinistra della nostra prima, traumatica notte a Tuva.

Ma, ad onor del vero, devo riconoscere che di qui fino ad oggi 30 luglio, vigilia del mio ritorno ad ovest, la sensazione di pericolo si è parecchio affievolita, e ho avuto invece modo di apprezzare l'ospitalità tuvina, ed alcune interessantissime sfaccettature filosofiche di questa popolazione, che vive il tempo faccia al passato e spalle al domani, e lo spazio tracciando sulle carte il sud in alto ed il nord in basso. Bastiancontrarismo? Non credo. Semplicemente retaggi di una cultura nomade di popoli dei cavalli; una cultura che, a partire dalla lingua similturca, di russo ha ben poco, a parte la straordinaria ospitalità e fierezza.

La musica dell'Ustuu-Huree (a Chadan) e del Khoomei (successivo simposio del throat singing a Kyzyl) le apprezzo solo parzialmente, devo ammettere, con alcune eccezioni davvero gradevoli. In generale, l'andazzo del throat singing fa molto "Mio cuggino è preoccupante - e parla coi rutti". (ElioCit.)
Anche la mole di lavoro batte un po' la fiacca... mi gaso però quando, seduti al caffè per pranzo, vediamo le facce mie e di Lena sul maxi-televisore a muro: stavano mandando in onda una nostra intervista al festival! Raffiche di celebrità.

Altro momento di ingassamento, quando, il ventisei luglio, giorno del mio compleanno (e fin qui c'è poco da gasarsi), Lena e gli altri mi regalano una maglietta con la scritta in russo "Parlate piano, sono italiano", riprendendo un'idea già da me vagheggiata giorni prima... ed aggiungendoci tanto di numero di telefono sul retro...

Al già ottimo gruppo si aggiungono due importanti conoscenze: il fortissimo Marco di Valdagno (Vicenza), conosciuto al festival, e la carinissima Sasha, pure lei di Krasnoyarsk (bastaaaa... ma che è? un vizio?), conosciuta sulla vetta del monte Dogee, sopra Kyzyl.

Oggi, 30 luglio, sto ospite a casa della gentilissima Aylana, del comitato organizzativo, in attesa di prendere domani la via per Abakan, e da li' di nuovo la legnata dei quattro giorni di treno, attraverso la Siberia ed il Kazakhstan, verso Voronezh e poi l'Ucraina, sede del mio prossimo workcamp.

Il problema, come sapete, non è la lunghezza del viaggio.
È l'idea di lasciare la mia Siberia, terra di emozioni e colori forti.
Siberia un po' Russia ed un po' Asia a seconda; Siberia dove la gente si ricorda di me e dove
quando incrocio i miei occhi
con qualcuno, nessuno sfugge lo sguardo.
Siberia dove ho pianto di gioia e riso di rabbia (ma anche viceversa).

Siberia dove, per fortuna e purtroppo, ho lasciato dei conti aperti, e dove già adesso sogno di tornare.

lunedì 14 luglio 2008

Che il cuore scende qui

È dura. Molto dura.
O meglio, sarà dura andarsene.

Sto in questa cittadina da dieci giorni, e già dopo tre salutavo tutti passeggiando per le strade.
Qualcuno mi saluta anche se non ho idea di chi sia.
Il posticino non è abituato agli stranieri, e anche per questo ogni anno il Sayan Ring rivitalizza l'aria di Shushenskoe.
Non avevo idea dell'ospitalità siberiana, e devo dire che tutto ciò sta andando al di là di ogni mia aspettativa.
Oramai sono quasi "famoso" qui, e i ragazzini fanno a gara a farsi vedere in mia compagnia… ma anche le famiglie, o a volte addirittura i vecchi.
Qui è tutto facile, anche comunicare, più o meno: e quando non riesco a farmi capire con le parole uso gli occhi, che funzionano sempre.

Da Divnogore a Yukhnov a Shushenskoe, festival dopo festival è stata un'ascesa costante verso il bello, verso il meglio, verso l' "è da un po' che non mi sentivo così". E come avevo già accennato nel precedente post, più mi sento bene, più comunico e imparo; più imparo e più comunico e mi sento bene.
Sono in un Circolo Vizioso, e sono socio (ElioCit.).

Lavoriamo abbastanza, ma tutto è ben organizzato, ed anche gli altri volontari sono ottimi, a parte l'estone che è davvero un idiota. L'altro giorno ho dovuto per forza mazziarlo, visto che con lui la linea soft non funziona… e adesso quando mi vede caga miele. Bene così.

Poi c'è la stampa. Le televisioni e i giornali dello stato di Krasnoyarsk seguono molto da vicino l'evento, e c'è una fetta di popolarità anche per noi. Sei interviste in tre giorni: un giornale, una conferenza stampa e quattro tivù. Ieri sera, se non erro, la mia faccia era in onda in prima serata (!) sulla tv locale, e pure stasera saremo su ORTv, sempre nel circuito televisivo di Krasnoyarsk.
Sono ad un passo dall'onnipresenza catodica: roba che neanche Maria De Filippi durante i tempi bui della televisone italiana (peraltro tutt'altro che finiti), allorchè colpiva con la frequenza di tre programmi spazzatura al dì.

Oh, quasi dimenticavo: dopo la conferenza stampa ho dovuto fare da accompagnatore a due artisti inglesi, ospiti internazionali, molto simpatici.
Beviamo un caffè e parliamo di musica. Si chiamano Justin Adams e Ben Mandelson: hanno lavorato insieme a un progetto etnografico sulla musica nel mondo che si chiama World Music. Scopro addirittura che Adams vanta collaborazioni con Robert Plant dei Led Zeppelin! Robe matte.

Poi c'è Anya, la bambina più bella del Mondo. È scesa dal glaciale Taimyr con sua mamma ed il resto della compagnia di musicisti folk con cui si esibisce qui al Sayan Ring. Sono i nostri vicini al campo e credo che la bimba sia un po' "innamorata" di me, viste le attenzioni che mi riserva (ha dieci anni). Ho saputo che ha da poco perso il papà, e forse anche per quello vederla sempre così buona ed educata è un vero piacere per gli occhi.

Atmosfera magica dunque, e poi bella musica, conversazioni, popolarità, la piccola Anya… sarà dura andarsene da qui a cuor leggero.
Ma il mio vero, splendido problema è Kristina, che ha di fatto centuplicato le mie emozioni quaggiù, riportando fuori sensazioni che tenevo da troppo tempo nascoste sotto un mare di ruggine.
Rido, piango, mah.
Dottore, che sintomi ha la felicità?
Vivo sull’ottovolante, su e giù, e poi ancora più su, ma stamattina la giostra si è fermata: devo partire e adesso è merda.


Come me ne vado da qui?
È da ieri l'altro che ci penso.
Cerco una via d'uscita comoda, ma temo non ci sia.
Non sono stato addestrato per questo genere di situazioni.
Cazzo, come siamo arrivati a questo?

Ripercorro con la mente tutte le facce ed i chilometri che ho macinato in questa prima metà del mio progetto.
Dall'empasse iniziale di Voronezh, ai primi passi di Divnogore, alla contagiosa serenità di Pustye Holmy, alle follie di Mosca ne abbiamo fatta di strada.
Adesso guardo avanti ma per la prima volta vorrei fermare tutto e scendere qui.
A metà.
Fine primo tempo, dunque? Manco per idea.
Niente tè caldo. Niente pause, niente domande ma soprattutto niente risposte.
È appena finito il Sayan Ring, forse il migliore festival finora (se non altro per atmosfera ed emozioni), e già dobbiamo andarcene a sudest al confine con la Mongolia per il famigerato festival Ustuu-Huree, celebre per il macabro stile musicale del throat singing. Bello, sì... interessante, certo.
Al momento io non ne ho cazzi, però.
Tra pochissimo ripartirò, con le mie spalle larghe e le mie gambe svelte.
Solo una sosta, signor conducente.
Che il cuore scende qui.

giovedì 10 luglio 2008

Transiberiana






















Shushenskoe, Krasnoyarski Krai, Siberia.
Scusate il ritardo. Dopo tre giorni e mezzo di Transiberiana ci ho messo un po' a ritrovare la vena letteraria, ed eccoci qui.

Stavolta procederò (sorprendentemente) con ordine.
Prima cosa: il viaggio in treno. Ci eravamo lasciati a Mosca, dove sabato pomeriggio ribecco Elena che arriva da Voronezh, e insieme raccattiamo Sam, il primo volontario per il prossimo festival.

È australiano e non capisce il russo, cosi' gli faccio un po' da balia a Mosca per le cose che gli servono, mentre Lena ne arrangia altre prima di partire. Sam però prenderà un altro treno, e ci ritroveremo solo sul luogo del festival stesso, Shushenskoe appunto.

A proposito di Mosca: talvolta è davvero da matti l'urbanistica nella capitale. A Kaluzhskaya Ploshad' (vicino dove stavo io) campeggia una maestosa statua di Lenin che guarda spavaldo verso l'ovest. Col passare degli anni le multinanzionali gli hanno però fatto un brutto scherzetto, al povero Vladimir Ilić Uljanov... tutto intorno alla sua statua oggi si ergono una chiesa (!) e soprattutto tre immensi grattacieli sormontati dai loghi di colossi giapponesi dell' Hi-Tech...

Non ti incazzare, Vlady... l'umorismo russo a volte può uccidere.

Si parte: gli Urali li passiamo la seconda notte, ma dormivamo praticamente tutti; così mi sveglio la mattina e chiedo dove sono. In Asia, di fatto. Ho cambiato continente senza accorgermene!
A parte questo, la Transiberiana mi affascinava da tempo per il fatto di poter arrivare in un mondo molto diverso da quello di partenza. E poi durante il tragitto si mangia, si beve, si fuma... qualcuno prova addirittura a lavarsi, peraltro con risultati discutibili. Ma soprattutto si conosce gente.
È assurdo, ma dopo tre giorni di vagone inizi a credere che il tuo mondo si sia davvero ridotto a quello scompartimento, e alcune fermate ogni tanto. E quando qualcuno dei tuoi "vicini" arriva a destinazione, a volte quasi ti dispiace.
È stato così con il piccolo Dima (Dimitri), altresì noto come l'Eta-Beta del Tyumen, e vi spiego perchè.
Dima è un cinno di sedici anni piuttosto piccoletto, capelli carota e faccia simpatica. Diventa mio compagno inseparabile da quando gli offro una paglia Captain Black aromatizzata cacao.

Da allora non ha più smesso di... sdebitarsi con noi, esaudendo praticamente ogni nostro desiderio.
Esempio: Lena dice "mi andrebbe una birra"... Dima sente e le tira fuori una lattina dal borsone.
Io replico "buoni gli spaghetti liofilizzati di stamattina..."; Dima intercetta il segnale e provvede.
Inutile dirgli "...No grazie, dai... troppo gentile...": se ti sente, sei fatto, e devi accettare.
Incredibile quanta roba avesse con sè.

Vuoi del pane? Ci pensa Dima.
Sete di Coca? Ci pensa Dima.
Senza paglie? Ci pensa Dima.
Ti serve una radiotrasmittente da collezione del 1952? Ci pensa sempre Dima.
Non puoi fare a meno di un cinghiale impagliato? Ci ha pure quello.
Stavo giusto per commissionargli una carbonara con controfiletto al sangue ed amarone, quando purtroppo il ragazzo è arrivato a destinazione.

Dopo aver attraversato mezza Russia -ossia gli stati di Mosca, Yaroslav, Kirov, Udmurtia, Perm, Sverdlovsk, Tyumen', Omsk, Novosibirsk, Kemerovo e Krasnoyarsk- arriviamo finalmente ad Abakan, capitale della piccola Respublika Khakasia, nonché della marijuana (che cresce spontanea per la strade), dell'aquaplanning e delle brutte facce in giro per la città.
Facciamo un giro e troviamo le due volontarie sudcoreane, quindi con un pulmino raggiungiamo appunto Shushenskoe (di nuovo nel Krasnoyarski Krai), sede del mio terzo festival, il "Sayan Ring" (Sayanskoe Kaltsò), in piena Siberia centro meridionale.
Ovviamente le coreane non parlano mezza parola di russo, e pure con l'inglese sembrano comunicare col contagocce.
Visto che però in occasione del festival dovremo lavorare e capirci per forza, Lena si mette le mani nei capelli... e un po' la capisco.
In effetti non percepivo un simile livello di incomunicabilità dai tempi dei leggendari duetti/duelli Lippi-Varriale.
Aperta parente: ve li ricordate, no? Tipo che la Juve pigliava gol al novantasettesimo (ovviamente su punizione causata da Iuliano, ça va sans dire...), e il sempre inopportuno inviato partenopeo nel dopopartita incalzava l'ancora caldo Marcello a suon di banalità e congiuntivi a caso.
Personalmente godevo come un porco nel vedere il Paul Newman della Versilia liquidare la conversazione dopo circa una domanda e mezza con un artico "Arrivederci" ed una memorabile affumicata proveniente dal suo sigaro...
Marcello ci manchi! Meno male che sei tornato al lavoro... ti vogliamo più incazzato di prima!
Chiusa parente.

Tornando alle coreane, va però precisato che poi si sarebbero rivelate ragazze a modo, e superato un po' di blocco iniziale si sono pure integrate degnamente.
A Shushenskoe incontriamo i volontari rimanenti: il già noto Sam, più Manuel, quarantenne di Zurigo, tipo molto particolare che, anche se spesso involontariamente, fa davvero pisciare dal ridere.
Tre giorni dopo si aggrega anche un estone di nome Zhenya, ma non perdo tempo a parlare di coglioni. Ne ho già abbastanza dei miei... due.
Si lavora tanto, e tutto è ben organizzato, per di più cofinanziato dalla municipalità e dallo stato di Krasnoyarsk.
Intanto mi faccio un'idea della cittadina (stessi abitanti di Suzzara, circa). Dopo due giorni saluto già tutti. Grave errore. Ogni volta che mi fermo a parlare con qualcuno, specie se ragazze, c'è sempre qualcuno che guarda, ascolta, o addirittura fa foto col telefono!
Ma fatevi i cazzacci vostri, no? Che sono venuto in Siberia per beccare i paparazzi?
Va bè.
Il festival attira una marea di gente, ma gli stranieri di fatto qui sono ancora merce rara: a parte noi non ne vedo altri; e dunque la gente tende a notarmi, anche perchè obiettivamente sono troppo il più bello, mona (SteCit.).
Il paese è piccolo, e la gente mormora.
Ma mormorate piano, per carità, che la popolarità mi dà da fare.
A proposito di popolarità, qui c'è pure la stampa, e come cooperanti stranieri ci siamo guadagnati una bella intervista: io e Lena in particolare. Domani sera dovrei... andare in onda sul canale STS della tv locale di Krasnoyarsk.
Mi piacerebbe... vedermi in diretta, ma al momento non saprei davvero dove rimediare un televisore. Al limite faccio come Fantozzi durante Inghilterra-Italia: scendo in paese e spacco un vetro a caso chiedendo di poter guardare in casa loro, sperando di non beccarmi un cartone sui denti come capitò al sempreverde Ragionier Ugo.
In fondo questa cittadina mi piace, e mi dà l'opportunità di praticare di più il russo, anche perchè l'inglese a parte noi stranieri non lo sa davvero quasi nessuno.
Quando i locali non esagerano con velocità di parlata e lessico, devo dire che non va nemmeno troppo male.
Visto? Che vi dicevo un mese e mezzo fa? Il pesce gatto non muore mai: anche se lo lasci solo sulla riva non c'è verso di farlo crepare.
Va bè, oddio, se proprio siete bastardi e non sapete perdere potete sempre prendere un masso e scassargli la capa. Ma non è questo il punto.
No, la verità è che alle volte mi scopro a parlare più o meno in russo e quasi ancora non ci credo. Ovviamente sono ancora molte le volte che non capisco il senso, e per di più è evidente come la mia sintassi e l'uso delle declinazioni siano ancora molto biscardiche.
Ma per lo meno comunico. E da che mondo e mondo per me comunicare è puro ossigeno.
Mi apre tutte le porte, mi fa passare il tempo veloce e tiene lontani dalla mia testaccia dura tutti i miei fantasmi.
E se vi sembra poco, scusate.