Le aquile e il sangue
Parla ad alta voce, un po' sgarbata, e in generale questo posto mi mette i brividi.
Le ragazze dormiranno nella Yurta di fronte alla casa, mentre noi abbiamo preparato le tende nel cortile interno.
Già facendo un giro diurno per le strade con Jordi (economista catalano e vecchio volpone dei paesi dell'ex URSS) ci siamo resi conto che tra questi tuvini ci sono un sacco di persone da evitare, centinaia di occhi da non incrociare.
Nei quartieri meno attraenti dell'Argentina o del Paraguay se non altro la mia faccia latina mi mimetizzava, ma qui la gente al novanta per cento ha tratti somatici mongolici, ed io puzzo di straniero lontano un miglio.
Non vedo l'ora di ripartire per Chadan (sede del festival), anche se pure là mi sa che tira la stessa aria, e poi comunque, una volta finito l'Ustuu-Huree, dovremo tornare qui a Kyzyl per aiutare nel Khoomei, simposio internazionale del throat singing.
Insieme a me e Lena viaggia un nuovo, ottimo team di volontari: Jordi, Marine (per l'appunto), e poi Kosta (torello di Belgrado, mio coetaneo che diventa subito uno dei miei preferiti), l'ascetico Jens (ventenne mooolto strano di Copenhagen), l'ironica Cécile (23, di Bruxelles), Olga (42, di Vienna), e le provocanti polacche Kasia e Natalia, 20 anni ed un ingarrimento non trascurabile.
Lena, che è russa, e Jordi, che sa perfettamente la lingua, cercano di raggiungere l'ospedale, e a me tocca radunare tutti i ragazzi e tenerli quieti, in attesa di notizie. Una parola. Sono teso come un violino, e l'aria sa ancora di sangue.
Guardo la nostra tenda nel cortile e mi chiedo: "dovremmo dormire qui, adesso?". All'aperto, a pochi metri e uno steccato dalle fameliche strade di questa città? Ragazzi, non so voi ma io ho altri programmi, per stasera, tipo... che so... sopravvivere, diciamo.
Mi dicono che nessun ladruncolo a Kyzyl si sognerebbe mai di violare il recinto della casa degli sciamani... ma dopo che un mio collega-amico (seppure per imprudenza) è appena finito all'ospedale, se permettete non mi accontento di un deterrente spirituale.
Voglio mattoni. Ed un tetto, grazie.
Non male. È per questo che ho dovuto lasciare Shushenskoe? Per questo ho dovuto lasciare Kristina? Sembrerebbe di sì.
A proposito, la voglia di sentirla è enorme, in questo momento ne ho gran bisogno. Ma il mio telefono fa lo stronzo, non so perchè.
Sta di fatto che, chissà come, mi chiama lei proprio subito dopo il mio tentativo. L'ho pensata tanto forte che forse mi ha sentito. Ovviamente si piglia un colpo quando le spiego che è successo. Ha paura per me, lei che tante volte me l'aveva detto di stare attento qui a Tuva.
Sentire la sua voce rimette a posto molte cose, così mi riprendo un po'.
Ma le notizie tardano, e la sciamana continua a dire che "Manuel sta bene, e ha solo avuto una grande lezione di vita"... Mi trattengo dal mandarla a cagare solo perchè siamo suoi ospiti, e questa notte il suo tetto vale oro. Yulia ci aiuta a capire quel che dice la sciura, mi prepara un tè e sembra serena, come se in fondo credesse nelle previsioni della tizia. Brava ragazza, davvero. Mi colpisce, anche se ho in testa solo Manuel (e il cuore, come sapete, è... momentaneamente scollegato).
A notte fonda, Lena e Jordi tornano, e con loro anche arriva anche il grande sollievo: Manuel sta bene, anche se non capisco come sia possibile: pugnalato a schiena e gambe; nessuna conseguenza grave.
Sarai anche il più ingenuo del mondo, caro il mio redattore elvetico, ma ci hai più buco del culo che sentimenti. E li mortacci, se proprio volevi dormire in un candido lettino tutto tuo bastava chiederlo! Che esagerazione farsi ricoverare!
Troviamo così la forza di sdrammatizzare, che sinceramente ci voleva...
In ospedale il giorno dopo lo trovo bene, anche se comprensibilmente emozionato. Stammi bene, Vecchio Mio... dopo Chadan tornerò a trovarti qui a Kyzyl. Parola.
Vlad è arrivato anche lui.
E pure Yulia, che con altri amici suoi scopro essere la nostra nuova vicina. Ammetto di non essere dispiaciuto dalla cosa (sempre più Ahr! Ahr!)...
Il che ovviamente va a scapito del divertimento. Ma va bè, in nome della sicurezza questo ed altro... Non dimentichiamoci dove siamo, e quello che ci è appena capitato a Kyzyl.
Per di più, a fomentare l'inquietanza, nel bosco sopra le nostre tende vive una quantità pressochè industriale di korshun che volteggiano costantemente su di noi, e ogni tanto scendono pure in picchiata. Fighissimi da vedere, ma d'ora in poi mi ricorderanno sempre l'atmosfera sinistra della nostra prima, traumatica notte a Tuva.
Ma, ad onor del vero, devo riconoscere che di qui fino ad oggi 30 luglio, vigilia del mio ritorno ad ovest, la sensazione di pericolo si è parecchio affievolita, e ho avuto invece modo di apprezzare l'ospitalità tuvina, ed alcune interessantissime sfaccettature filosofiche di questa popolazione, che vive il tempo faccia al passato e spalle al domani, e lo spazio tracciando sulle carte il sud in alto ed il nord in basso. Bastiancontrarismo? Non credo. Semplicemente retaggi di una cultura nomade di popoli dei cavalli; una cultura che, a partire dalla lingua similturca, di russo ha ben poco, a parte la straordinaria ospitalità e fierezza.
La musica dell'Ustuu-Huree (a Chadan) e del Khoomei (successivo simposio del throat singing a Kyzyl) le apprezzo solo parzialmente, devo ammettere, con alcune eccezioni davvero gradevoli. In generale, l'andazzo del throat singing fa molto "Mio cuggino è preoccupante - e parla coi rutti". (ElioCit.)
Anche la mole di lavoro batte un po' la fiacca... mi gaso però quando, seduti al caffè per pranzo, vediamo le facce mie e di Lena sul maxi-televisore a muro: stavano mandando in onda una nostra intervista al festival! Raffiche di celebrità.
Altro momento di ingassamento, quando, il ventisei luglio, giorno del mio compleanno (e fin qui c'è poco da gasarsi), Lena e gli altri mi regalano una maglietta con la scritta in russo "Parlate piano, sono italiano", riprendendo un'idea già da me vagheggiata giorni prima... ed aggiungendoci tanto di numero di telefono sul retro...
Al già ottimo gruppo si aggiungono due importanti conoscenze: il fortissimo Marco di Valdagno (Vicenza), conosciuto al festival, e la carinissima Sasha, pure lei di Krasnoyarsk (bastaaaa... ma che è? un vizio?), conosciuta sulla vetta del monte Dogee, sopra Kyzyl.Oggi, 30 luglio, sto ospite a casa della gentilissima Aylana, del comitato organizzativo, in attesa di prendere domani la via per Abakan, e da li' di nuovo la legnata dei quattro giorni di treno, attraverso la Siberia ed il Kazakhstan, verso Voronezh e poi l'Ucraina, sede del mio prossimo workcamp.
Il problema, come sapete, non è la lunghezza del viaggio.
È l'idea di lasciare la mia Siberia, terra di emozioni e colori forti.
Siberia un po' Russia ed un po' Asia a seconda; Siberia dove la gente si ricorda di me e dove quando incrocio i miei occhi con qualcuno, nessuno sfugge lo sguardo.
Siberia dove ho pianto di gioia e riso di rabbia (ma anche viceversa).
Siberia dove, per fortuna e purtroppo, ho lasciato dei conti aperti, e dove già adesso sogno di tornare.